Sport come bene comune
Ieri, a PresaDiretta, si è finalmente parlato di un nervo scoperto e dolente dell’amministrazione del nostro paese – che a Roma prende carattere di una vera e propria emergenza – lo sport. La problematica che vive lo sport a Roma è frutto di carenze statali sovrapposte a carenze indotte dall’amministrazione Raggi. La sindaca, trincerandosi dietro le parole trasparenza e legalità, ha annullato la candidatura per le olimpiadi di Roma 2024. Ma non è stata questa la sola grande sconfitta, lo sport a Roma aveva bisogno di essere ridisegnato: occorreva investire sulle strutture, sulle palestre popolari, sui rapporti tra ASD e dirigenti scolastici. Al contrario, si è proceduto in maniera sommaria e senza accogliere i contributi che arrivavano dalle rappresentanze sportive.
Il risultato? Gli impianti con tante irregolarità sono ancora pienamente operativi, mentre le tante realtà che arrivavano a fine ciclo intessendo legami con il territorio hanno visto la loro attività di nuovo messa a bando. Un’amministrazione debole con i forti e forte con i deboli.
Tuttavia, se possibile, c’è un problema ancora maggiore che affligge lo sport su scala nazionale, una verità scomoda e frutto di realtà storiche: lo sport non è bene pubblico. Questo perché se da un lato le attività dello sport mainstream smuovono molti milioni di euro, dall’altro gli sport ‘minori’ e le ASD territoriali vivono sostanzialmente di piccole iniezioni di denaro privato: sponsor, piccoli finanziatori, mecenati ne coprono una parte ma per l’esistenza stessa della ASD è determinante il denaro delle famiglie che, pagando le quote sociali delle attività sportive, permettono ai figli di fare sport. Ma spesso le quote sociali sono troppo alte per essere pagate dalle famiglie meno abbienti e in questo modo la pratica sportiva invece di promuovere l’inclusione, diventa discriminazione. Pensare che lo sport in Italia possa essere pagato dal privato ed essere al contempo sport di tutte e di tutti, è una contraddizione in termini. Serve un cambio di paradigma che porti la parola Sport all’interno della nostra costituzione.
Mauro Berruto lo ha spiegato benissimo, ieri nel corso della puntata: occorrono politiche pubbliche che tutelino un bene essenziale. Per questo, se verrò rieletto, mi impegnerò a portare avanti personalmente una battaglia politica in questo senso, mi occuperò personalmente di fare in modo che anche gli sport minori abbiano una loro sede nella capitale, mi occuperò personalmente di far in modo che ci siano più scambi tra dirigenti scolastici e ASD, tra territorio e amministrazione centrale.
Mi impegnerò personalmente perché venga riconosciuto finalmente lo sport in quanto bene comune.
In piazza con David Sassoli
Ieri in piazza a Ostia eravamo in molte e molti, ad accogliere il Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli. L’entusiasmo nell’aria era palpabile, così come la voglia di vedere la nostra bella città assumere il posto, finalmente, di una vera e rispettata capitale europea.
Sì, perché l’Unione Europea ha investito su Roma, ma l’amministrazione precedente non le ha dato giustizia: come ha fatto notare Roberto Gualtieri, non si possono chiedere fondi all’Unione Europea e poi ritrovarsi con le casse piene e i servizi non attivati. Perché poi nei territori la sfiducia nella politica cresce e soprattutto la qualità della vita delle persone peggiora, come è accaduto nel X Municipio.
La giornata di ieri è stata importante per questo, perché è stato chiaro a tutte e a tutti che tornando a vincere a Roma con Roberto Gualtieri e nel X Municipio con Mario Falconi presidente, la visione sul futuro della città è condivisa a tutti i livelli. In particolare il X Municipio deve essere assolutamente integrato all’interno di una visione cittadina, per la quale può rappresentare un’opportunità di crescita irrinunciabile.
Inaugurazione del comitato elettorale di Valeria Baglio
In una campagna elettorale breve, al punto da sembrare quasi una maratona da correre in apnea, sapere di poter contare su un collettivo vasto ed eterogeneo fa la differenza!
Non so che altre parole aggiungere se non dirvi semplicemente GRAZIE per ieri pomeriggio. Grazie perché, malgrado la pioggia, in tantissime e tantissimi da ogni parte di Roma avete deciso di regalare a me e Valeria Baglio parole di incoraggiamento, forza e sostegno nel corso dell’evento di apertura della nostra campagna elettorale. Un grande entusiasmo ma al tempo stesso anche una grande responsabilità di cui speriamo sempre di essere sempre all’altezza.
Continuate ad esserci, sempre, continuate a chiamarci, scriverci, sollecitarti. La Roma che dobbiamo ricostruire non è la Roma di chi si candida alle elezioni, ma è la Roma di tutte e tutti.
Pino e le case popolari di Nuova Ostia
Pratica 20477, protocollata il 9 agosto del 2018. Su un foglietto sgualcito, Pino ha ordinatamente appuntato la manciata di cifre a cui si aggrappa per continuare una battaglia estenuante, che non ha nulla da invidiare ai celebri duelli contro i mulini a vento ingaggiati da Don Chisciotte. Il balcone del suo appartamento, ai piani alti di una palazzina di Nuova Ostia, è minacciato da una canna fumaria pericolante. Attraversato da una crepa profonda, il comignolo potrebbe franare da un momento all’altro. Eppure, durante i tre anni che sono passati dalla denuncia, non si è visto nessuno, neanche per un sopralluogo. “Zero completo”, sentenzia Pino sconfortato. Per la verità, in zona, il suo non è l’unico caso di abbandono. Basta fare un giro tra gli edifici popolari di via Fasan e dintorni, per rendersi conto che il nomignolo con cui sono conosciuti, “case di sabbia”, è tristemente calzante. Proprio come sabbia, infatti, sembrano sbriciolarsi alla luce del sole. Intonaco che si stacca, pezzi di balconi che piombano sulle macchine parcheggiate, ringhiere arrugginite, ascensori bloccati per mesi e mesi.
“E pensare che, quando ci hanno assegnato gli appartamenti, questo palazzo era tra i migliori”. Originario di Enna ma adottato da Roma quando era ancora un ragazzo, Pino vive a Ostia dal 1973. “Sono entrato in casa che non era neanche completata”, racconta, “i pavimenti me li sono arrotati da solo, un po’ ‘alla carlona’, però almeno ho sistemato tutto come mi piaceva”. Con il passare degli anni, però, la situazione è inesorabilmente peggiorata, facendo segnare “un declino costante, una discesa sempre più in basso”. Al di là degli interventi straordinari, come quello di cui avrebbe bisogno la citata canna fumaria, ciò che manca più di tutto è la manutenzione ordinaria. “Ce la facciamo da soli”, spiega Pino, “il portone l’ho aggiustato io mille volte e anche le pulizie le paghiamo direttamente noi condomini”. In questi casi, però, il tempo non è galantuomo e la fatica di doversi far carico di tutto si fa sentire, inasprendo gli animi ed erodendo la coesione. Ed è così che fare fronte comune diventa sempre più difficile, perché “c’è chi non vuole cacciare i soldi, chi se ne frega di tutto”. E la lotta si indebolisce.
Degrado è la parola che Pino utilizza più spesso quando parla del posto in cui vive, e si riferisce ad un’assenza. Degrado, per lui, è qualcosa che c’era e che oggi non c’è più, oppure che dovrebbe esserci ma non c’è mai stato. Degrado, ad esempio, è il nulla che si è impossessato del terreno su cui affacciano le finestre di casa sua. “Tutta quest’area è di proprietà del vicariato e prima era un campo sportivo in cui giocavano e facevo gli allenamenti; laggiù c’erano i campi da tennis e, ai tempi in cui sono venuto ad abitare qui, c’era anche una piscina”. Adesso, invece, ci sono solo polvere, erba secca e ruderi sbeccati.
[Il racconto di Pino fa parte del progetto “Al passo con Roma – Storie di persone che fanno la città”, con cui ho deciso di dare spazio a esperienze e realtà significative. Conosco bene e da vicino la situazione delle case popolari di Ostia Nuova e credo che il tema dell’abitare sia, per Roma, una sfida cruciale, a cui non è possibile e non è giusto sottrarsi. Per questo motivo, ieri sono andato tra quei palazzi insieme a Roberto Gualtieri, che ha preso un impegno solenne con i cittadini: procedere, in caso di elezione, all’acquisto rent to buy delle cosiddette “case di sabbia”.]
Con Gualtieri un impegno per Nuova Ostia
Oggi con Roberto Gualtieri siamo stati nella zona delle case popolari a Ostia Nuova, le cosiddette ‘case di sabbia’.La situazione di queste case è drammatica, soprattutto da quando c’è la Giunta Raggi. È una situazione che conosco bene e che sto seguendo dai tempi della consiliatura municipale.
Precedentemente avevo lasciato che fosse Paola Schittu, inquilina di queste case dal 1987, a raccontarvi la loro storia. È una storia di contenziosi e ricorsi, ma soprattutto è una storia di precarietà perenne e di edifici che sono stati costruiti con elementi di scarsa qualità – qualcuno parla di cemento depotenziato, altri di sabbia di mare mischiata ai materiali – e che quindi strutturalmente non sono adatti ad accogliere case dignitose (link nel primo commento). Ora Paola è candidata come consigliera del X municipio e se venisse eletta sarebbe una gran bella notizia per le persone di Ostia e per la politica tutta, perché significherebbe avere qualcuno in grado di rivendicare davvero un diritto fondamentale, quello ad una casa sicura e per sempre. Ma in questa battaglia Paola non è e non sarà mai lasciata sola.
Con Roberto Gualtieri, candidato sindaco del centrosinistra, abbiamo infatti preso un impegno: se eletti, procederemo all’acquisizione rent to buy delle case di Nuova Ostia, affinché ‘case di sabbia’ resti solo un modo di chiamarle. Che la storia delle case di sabbia sia solo una delle tante a risolversi a Roma, perché la dignità di vita e il diritto alla casa sono diritti fondamentali inalienabili che troppo spesso ci dimentichiamo di considerare.
Angelo e gli invisibili di Roma
Roma è un vaso antico che gocciola umanità dalle sue crepe. Vite irregolari si addensano ai bordi delle strade, sotto i portici scuri, lungo le sponde del Tevere. Vanno e vengono, si incontrano e si scontrano, inciampano e si rialzano. Eppure, nonostante questo loro febbrile divincolarsi, increspano appena la superficie, emergono a stento dal caos di carne e cemento, restano fuori dai selfie e dalle cartoline. Un campionario infinito di storie invisibili, un inventario ruvido di percorsi incidentati. C’è Mami, che in Romania ha fatto l’ostetrica per 31 anni e in Italia la badante per altri 17, prima di ritrovarsi a dormire sullo scalino di un negozio con vista su San Pietro. C’è Walid, che aspetta il passaporto per raggiungere il fratello e il figlio in Olanda e intanto ha arrangiato una palestra in mezzo al traffico del Lungotevere. C’è Massimo, che impasta con le lacrime il racconto delle sue scelte sbagliate e confessa con il cuore in mano che non resiste più a vivere per strada. E poi ci sono mille altri nomi. E anche corpi che un nome non ce l’hanno, perché nessuno glielo chiede mai. Gocciolano e basta.
“Prima di arrivare a Roma, non conoscevo per niente la povertà; anzi, i poveri mi facevano anche un po’ paura”. Seduto nel suo appartamento, circondato dai libri, Angelo Romeo torna con la memoria agli inizi degli anni 2000, quando, giovane studente universitario, lasciò Porto Empedocle, dove era nato e cresciuto, e venne a studiare nella capitale. “Abitavo in una traversa di via Marsala, quindi vicino alla Stazione Termini, e spesso mi capitava di vedere persone che rovistavano nell’immondizia per mangiare”. L’impatto con quella realtà fu duro ma anche trasformante. “Un sera, alcuni miei coinquilini mi coinvolsero nel portare bevande calde ai senzatetto della zona e da lì è iniziato tutto: ho deciso di riservare uno spazio nella mia vita ai poveri”. Da quasi vent’anni, quindi, Angelo dedica a quelle persone un giorno della propria settimana. Le va a cercare nei posti in cui se ne stanno abbandonate, parla con loro, gli porta cibo e bevande. A questo sforzo costante, poi, si sono affiancate anche altre esperienze, sempre a contatto con chi è costretto ai margini, come il viaggio a Calcutta, sulle orme di Madre Teresa, o le ore di insegnamento nelle carceri. Un impegno che si intreccia con la sua fede cattolica e con i suoi studi di sociologia, che lo hanno portato a diventare professore universitario. “Ma da sociologo non ho mai scritto nulla sui poveri”, sottolinea, “perché tra me e loro c’è un grande coinvolgimento e rischierei di tirare fuori cose falsate”.
Anno dopo anno, intorno ad Angelo si è strutturato un piccolo gruppo di volontari e, nel 2019, è nata l’associazione Missione Solidarietà, che ogni settimana distribuisce circa 150 pasti caldi nella zona di via della Conciliazione. Si incontrano tutti i giovedì, sole o pioggia, freddo o caldo. Cucinano insieme, si ritagliano un momento di preghiera e riflessione e poi si incamminano. Per le donne e gli uomini che incontrano per strada sono ormai dei punti fermi. “Siamo venuti qui anche durante il lock down”, racconta Angelo, “eravamo noi, loro e i gabbiani; in quel periodo molti sono andati fuori di testa”. Il Covid, infatti, ha reso tutto più difficile e “tanti faticano a trovare un alloggio, perché i posti nelle assistenze sono diminuiti”. Sarebbe riduttivo e sbagliato, però, attribuire alla pandemia tutte le responsabilità. Lo scivolamento verso il basso dei più fragili e l’allargamento del divario economico sono processi che partono da lontano, quadi inevitabili nel modello di società in cui siamo immersi. “Rispetto a quando ho iniziato”, spiega ancora Angelo, “sono cambiate le povertà; oggi i nuovi poveri ti passano accanto e neanche te ne accorgi, sono i padri separati, i ragazzi che scappano da casa, le donne e gli uomini affetti da disagio psichico o da dipendenze terribili come quella dalle slot machine”. E l’offerta di assistenza fatica a tenere il passo con la crescita della domanda. Angelo, però, non perde tenacia e speranza e il suo sguardo su Roma è fiducioso, “questa è una città solidale, pur avendo molte difficoltà.
Il racconto di Angelo fa parte del progetto “Al passo con Roma – Storie di persone che fanno la città”, con cui ho deciso di dare spazio a esperienze e realtà significative. Missione Solidarietà fa parte del Forum del Volontariato per la Strada che, durante il primo lockdown, ho sostenuto nella battaglia per consentire agli operatori di tornare in strada a distribuire i pasti.
Inaugurazione del Comitato elettorale di Ostia
È stato emozionantissimo aprire il Comitato Elettorale ad Ostia ieri, rivedervi tutti: gli stessi che c’erano in questi anni in cui le cose non sempre sono andate bene, in cui il partito ha faticato a rientrare in sintonia con le persone, gli stessi che si sono sempre rimboccati le maniche, con i quali ho condiviso la passione e la lotta.
Una grande partecipazione popolare che rispecchia quello che io e Valeria Baglio siamo: una specie strana dentro un partito governato ancora troppo da logiche di appartenenza o di potere. Non riescono ad identificarci mediaticamente, non capiscono a quale corrente apparteniamo. Questo perché molto semplicemente non stiamo con nessuno, non abbiamo nessun capo che faccia chiamate per noi. Stiamo con le persone, con le storie, con le battaglie, con i territori, ecco dove stiamo!Durante una campagna elettorale lampo come questa, la libertà non gioca chiaramente a nostro favore ma nel quotidiano sappiamo bene invece che rappresenta il nostro primo punto di forza. Perché a guidare il nostro impegno c’è sempre e solo il desiderio comune di cambiare le cose e costruire una società più giusta, inclusiva, aperta. Dunque la strada non cambia!
Il comitato è ufficialmente aperto, dicevamo. Vorrei che fosse un luogo di scambio: di materiali, di dubbi, di proposte, di delucidazioni, come lo è stato ieri. Serve che ognuno si senta candidato quanto me e Valeria non al consiglio comunale ma a migliorare la vita delle persone che ogni giorno rimangono purtroppo indietro. Per cui diamoci da fare! Continuiamo a lottare per le persone che ci sono, a nome anche di chi non c’è più
Ideali fascisti nelle liste per Michetti Sindaco
Francesco Cuomo è candidato consigliere comunale nella lista Fratelli d’Italia (la cui leader è, ricordiamolo, Giorgia Meloni) per Michetti sindaco. Ex capo ultras della Lazio, conosciuto come ‘il camerata’. Non abbiamo bisogno di un programma politico per capire qual è il suo pensiero, questo articolo de La Repubblica lo spiega chiaramente. È questo quello che ci aspetta? Quali valori può portare con sé Francesco Cuomo? Senza volersi soffermare sulla stretta amicizia con esponenti vivi o morti del mondo della criminalità romana, basterebbe la legge per apologia di fascismo a tenere lontano questi individui dalla vita comune.L’Italia è una repubblica antifascista. Per legge, non per opinione. E, cosa ancora più importante, per motivazioni storiche molto serie. Via gli ideali fascisti dalla politica italiana e alla larga dall’amministrazione della città di Roma i loro rappresentanti.
Luca e il Parco Archeologico di Centocelle
Il racconto di Luca fa parte del progetto “Al passo con Roma – Storie di persone che fanno la città”, con cui ho deciso di dare spazio a esperienze e realtà significative. Ho conosciuto Luca e il PAC Libero seguendo la vertenza del Parco di Centocelle e mi sono reso conto di avere di fronte non solo delle persone molto battagliere ma anche e soprattutto estremamente competenti.
Guardandoli su una mappa, Flaminio e Tor Pignattara non sono poi così lontani. Seguendo la strada più breve, i due quartieri sono separati da una manciata di chilometri, poco più di 10, che per le dimensioni di Roma rappresentano davvero un’inezia. Eppure, nella realtà, sono due mondi completamente diversi e la linea immaginaria che li collega rappresenta una delle rotte tipiche lungo cui si sono mosse le vite di molti romani negli ultimi 40 anni. Un esodo a raggiera, dalle zone centrali verso quelle periferiche e poi ancora più in là, oltre il Raccordo.
Luca Scarnati è parte di questo esodo. Infatti, nato e cresciuto nelle palazzine dei ferrovieri al Flaminio, a due passi dal Tevere, quando ha deciso di sposarsi e comprare casa ha dovuto fare i conti con la dura realtà del mercato immobiliare romano. “Un appartamento lì non potevo permettermelo, all’epoca le quotazioni arrivavano quasi a diecimila euro al metro quadro”. Così la scelta è ricaduta su Tor Pignattara, perché ben collegata e con prezzi decisamente più abbordabili. Ed oggi afferma con convinzione che non tornerebbe indietro perché di là si sentirebbe fuori contesto.
La Tor Pignattara che racconta Luca è “un mondo in fermento”, un quartiere vivace, ricco di associazioni e organizzazioni, in cui è possibile tessere relazioni e costruirsi una rete sociale di supporto. “Da quando nostro figlio va a scuola, io e mia moglie ci siamo creati intorno un nucleo di altri genitori che frequentiamo spesso e con cui ci diamo una mano a vicenda”. Un terreno fertile anche per coltivare l’impegno politico e l’attivismo civico, dimensioni che nella sua vita non sono mai mancate. “Io vengo dagli ’70 e ’80 e ho sempre fatto parte di un’ala un po’ contestatrice; sono cresciuto a pane e sezioni del PCI, le ho frequentate come se fossero luoghi normali, come se impegnarsi politicamente fosse una cosa scontata”. Così, alla prima occasione, il desiderio di partecipazione è riemerso e, nel 2014, Luca ha partecipato all’assemblea di quartiere che si è mobilitata contro il degrado. “È stata una bella esperienza, durata circa un anno, grazie alla quale sono entrato nel vivo del quartiere e ho conosciuto molte persone”.
La battaglia più testarda, però, è quella per il Parco Archeologico di Centocelle, che ha portato Luca ad essere tra i promotori del Comitato PAC Libero. Tutto ha inizio del 2017, quando dall’interno del Parco gli abitanti della zona vedono alzarsi degli strani fumi bianchi. L’area interessata è quella che era stata occupata, fino a qualche anno prima, dal campo nomadi Casilino 700, poi sgomberato. Ad esalare i fumi tossici, secondo i cittadini, sono proprio i resti di quell’insediamento, interrati dalla ditta che si occupò della demolizione delle baracche. Un sospetto solido anche se mai confermato ufficialmente. L’episodio genera preoccupazione ma ha anche il merito di riaccendere i riflettori su un’area che dovrebbe essere un fiore all’occhiello di Roma e che invece è finita da anni nel dimenticatoio.
Il Parco Archeologico di Centocelle, infatti, si estende su 126 ettari, di cui però solo 33 sono fruibili. Inoltre, al suo interno ospita i resti di ben tre ville romane, i cui reperti, catalogati dalla sovrintendenza, sono ospitati nelle cantine del vicino Istituto Superiore Immanuel Kant. “La cosa assurda”, denuncia Luca, “è che esiste già un progetto approvato di riqualificazione del Parco e sono stati stanziati anche i fondi, basterebbe solo fare i relativi bandi, ma nessuno gli sta dietro e quindi è tutto fermo”. E la situazione continua ad essere bloccata anche oggi. Le lotte del PAC Libero, infatti, hanno creato attenzione mediatica e istituzionale attorno al tema ma non sono ancora riuscite a far ripartire la macchina amministrativa. “Abbiamo ottenuto delle commissioni capitoline dedicate al parco e un consiglio comunale straordinario con la presenza della Raggi, siamo stati ricevuti al Ministero dell’Ambiente e siamo riusciti a far svolgere anche delle commissioni regionali sul tema”. Il Parco, però, resta ancora una chimera, nonostante l’uso della parte agibile sia letteralmente esploso durante il lockdown, a conferma del bisogno che c’è di un’area verde così ampia in zona molto popolosa. “Il problema è che questa amministrazione comunale è incapace di affrontare i problemi, sia dal punto di vista politico che amministrativo; e la giunta del V municipio è ancora peggio”.
Scuola, a rischio il trasporto degli alunni disabili
Era il 23 novembre 2020 quando partecipavo al presidio promosso dalla Filt Cgil Roma Lazio per i lavoratori della Tundo Spa, in Via di Capitan Bavastro. La manifestazione di allora era il modo per manifestare il dissenso verso chi, da mesi, era costretto a vedersi negato lo stipendio con il conseguente disservizio su un lavoro di fondamentale importanza: il trasporto di farmaci, di pazienti oncologici e dializzati e il trasporto scolastico di alunni con disabilità.
É con grande dispiacere che a distanza di quasi un anno mi trovo a segnalare l’ennesima inadempienza del pagamento degli stipendi ai dipendenti. Un anno fa, intervenne il Campidoglio. Questa volta, ad attività politiche ferme in vista delle prossime elezioni amministrative di ottobre, la questione si complica.
Il compito della politica dovrebbe essere quello di amministrare la città con consapevolezza e competenza, e invece, come sempre, a farne le spese sono le famiglie in condizioni di fragilità. Tra qualche giorno si torna a scuola. Cosa diremo tra qualche giorni ai genitori degli utenti che si affidano a questo servizio e che vedono periodicamente vanificata la loro fiducia? Il singolo sarà costretto ad organizzarsi l’ennesima volta da solo, di fronte a un diritto negato ?