Angelo e gli invisibili di Roma
Roma è un vaso antico che gocciola umanità dalle sue crepe. Vite irregolari si addensano ai bordi delle strade, sotto i portici scuri, lungo le sponde del Tevere. Vanno e vengono, si incontrano e si scontrano, inciampano e si rialzano. Eppure, nonostante questo loro febbrile divincolarsi, increspano appena la superficie, emergono a stento dal caos di carne e cemento, restano fuori dai selfie e dalle cartoline. Un campionario infinito di storie invisibili, un inventario ruvido di percorsi incidentati. C’è Mami, che in Romania ha fatto l’ostetrica per 31 anni e in Italia la badante per altri 17, prima di ritrovarsi a dormire sullo scalino di un negozio con vista su San Pietro. C’è Walid, che aspetta il passaporto per raggiungere il fratello e il figlio in Olanda e intanto ha arrangiato una palestra in mezzo al traffico del Lungotevere. C’è Massimo, che impasta con le lacrime il racconto delle sue scelte sbagliate e confessa con il cuore in mano che non resiste più a vivere per strada. E poi ci sono mille altri nomi. E anche corpi che un nome non ce l’hanno, perché nessuno glielo chiede mai. Gocciolano e basta.
“Prima di arrivare a Roma, non conoscevo per niente la povertà; anzi, i poveri mi facevano anche un po’ paura”. Seduto nel suo appartamento, circondato dai libri, Angelo Romeo torna con la memoria agli inizi degli anni 2000, quando, giovane studente universitario, lasciò Porto Empedocle, dove era nato e cresciuto, e venne a studiare nella capitale. “Abitavo in una traversa di via Marsala, quindi vicino alla Stazione Termini, e spesso mi capitava di vedere persone che rovistavano nell’immondizia per mangiare”. L’impatto con quella realtà fu duro ma anche trasformante. “Un sera, alcuni miei coinquilini mi coinvolsero nel portare bevande calde ai senzatetto della zona e da lì è iniziato tutto: ho deciso di riservare uno spazio nella mia vita ai poveri”. Da quasi vent’anni, quindi, Angelo dedica a quelle persone un giorno della propria settimana. Le va a cercare nei posti in cui se ne stanno abbandonate, parla con loro, gli porta cibo e bevande. A questo sforzo costante, poi, si sono affiancate anche altre esperienze, sempre a contatto con chi è costretto ai margini, come il viaggio a Calcutta, sulle orme di Madre Teresa, o le ore di insegnamento nelle carceri. Un impegno che si intreccia con la sua fede cattolica e con i suoi studi di sociologia, che lo hanno portato a diventare professore universitario. “Ma da sociologo non ho mai scritto nulla sui poveri”, sottolinea, “perché tra me e loro c’è un grande coinvolgimento e rischierei di tirare fuori cose falsate”.
Anno dopo anno, intorno ad Angelo si è strutturato un piccolo gruppo di volontari e, nel 2019, è nata l’associazione Missione Solidarietà, che ogni settimana distribuisce circa 150 pasti caldi nella zona di via della Conciliazione. Si incontrano tutti i giovedì, sole o pioggia, freddo o caldo. Cucinano insieme, si ritagliano un momento di preghiera e riflessione e poi si incamminano. Per le donne e gli uomini che incontrano per strada sono ormai dei punti fermi. “Siamo venuti qui anche durante il lock down”, racconta Angelo, “eravamo noi, loro e i gabbiani; in quel periodo molti sono andati fuori di testa”. Il Covid, infatti, ha reso tutto più difficile e “tanti faticano a trovare un alloggio, perché i posti nelle assistenze sono diminuiti”. Sarebbe riduttivo e sbagliato, però, attribuire alla pandemia tutte le responsabilità. Lo scivolamento verso il basso dei più fragili e l’allargamento del divario economico sono processi che partono da lontano, quadi inevitabili nel modello di società in cui siamo immersi. “Rispetto a quando ho iniziato”, spiega ancora Angelo, “sono cambiate le povertà; oggi i nuovi poveri ti passano accanto e neanche te ne accorgi, sono i padri separati, i ragazzi che scappano da casa, le donne e gli uomini affetti da disagio psichico o da dipendenze terribili come quella dalle slot machine”. E l’offerta di assistenza fatica a tenere il passo con la crescita della domanda. Angelo, però, non perde tenacia e speranza e il suo sguardo su Roma è fiducioso, “questa è una città solidale, pur avendo molte difficoltà.
Il racconto di Angelo fa parte del progetto “Al passo con Roma – Storie di persone che fanno la città”, con cui ho deciso di dare spazio a esperienze e realtà significative. Missione Solidarietà fa parte del Forum del Volontariato per la Strada che, durante il primo lockdown, ho sostenuto nella battaglia per consentire agli operatori di tornare in strada a distribuire i pasti.
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