Pino e le case popolari di Nuova Ostia
Pratica 20477, protocollata il 9 agosto del 2018. Su un foglietto sgualcito, Pino ha ordinatamente appuntato la manciata di cifre a cui si aggrappa per continuare una battaglia estenuante, che non ha nulla da invidiare ai celebri duelli contro i mulini a vento ingaggiati da Don Chisciotte. Il balcone del suo appartamento, ai piani alti di una palazzina di Nuova Ostia, è minacciato da una canna fumaria pericolante. Attraversato da una crepa profonda, il comignolo potrebbe franare da un momento all’altro. Eppure, durante i tre anni che sono passati dalla denuncia, non si è visto nessuno, neanche per un sopralluogo. “Zero completo”, sentenzia Pino sconfortato. Per la verità, in zona, il suo non è l’unico caso di abbandono. Basta fare un giro tra gli edifici popolari di via Fasan e dintorni, per rendersi conto che il nomignolo con cui sono conosciuti, “case di sabbia”, è tristemente calzante. Proprio come sabbia, infatti, sembrano sbriciolarsi alla luce del sole. Intonaco che si stacca, pezzi di balconi che piombano sulle macchine parcheggiate, ringhiere arrugginite, ascensori bloccati per mesi e mesi.
“E pensare che, quando ci hanno assegnato gli appartamenti, questo palazzo era tra i migliori”. Originario di Enna ma adottato da Roma quando era ancora un ragazzo, Pino vive a Ostia dal 1973. “Sono entrato in casa che non era neanche completata”, racconta, “i pavimenti me li sono arrotati da solo, un po’ ‘alla carlona’, però almeno ho sistemato tutto come mi piaceva”. Con il passare degli anni, però, la situazione è inesorabilmente peggiorata, facendo segnare “un declino costante, una discesa sempre più in basso”. Al di là degli interventi straordinari, come quello di cui avrebbe bisogno la citata canna fumaria, ciò che manca più di tutto è la manutenzione ordinaria. “Ce la facciamo da soli”, spiega Pino, “il portone l’ho aggiustato io mille volte e anche le pulizie le paghiamo direttamente noi condomini”. In questi casi, però, il tempo non è galantuomo e la fatica di doversi far carico di tutto si fa sentire, inasprendo gli animi ed erodendo la coesione. Ed è così che fare fronte comune diventa sempre più difficile, perché “c’è chi non vuole cacciare i soldi, chi se ne frega di tutto”. E la lotta si indebolisce.
Degrado è la parola che Pino utilizza più spesso quando parla del posto in cui vive, e si riferisce ad un’assenza. Degrado, per lui, è qualcosa che c’era e che oggi non c’è più, oppure che dovrebbe esserci ma non c’è mai stato. Degrado, ad esempio, è il nulla che si è impossessato del terreno su cui affacciano le finestre di casa sua. “Tutta quest’area è di proprietà del vicariato e prima era un campo sportivo in cui giocavano e facevo gli allenamenti; laggiù c’erano i campi da tennis e, ai tempi in cui sono venuto ad abitare qui, c’era anche una piscina”. Adesso, invece, ci sono solo polvere, erba secca e ruderi sbeccati.
[Il racconto di Pino fa parte del progetto “Al passo con Roma – Storie di persone che fanno la città”, con cui ho deciso di dare spazio a esperienze e realtà significative. Conosco bene e da vicino la situazione delle case popolari di Ostia Nuova e credo che il tema dell’abitare sia, per Roma, una sfida cruciale, a cui non è possibile e non è giusto sottrarsi. Per questo motivo, ieri sono andato tra quei palazzi insieme a Roberto Gualtieri, che ha preso un impegno solenne con i cittadini: procedere, in caso di elezione, all’acquisto rent to buy delle cosiddette “case di sabbia”.]
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