La forza della solidarietà: Roma scende in piazza per la Palestina
Domenica mattina, a Ostia, sfidando le previsioni meteo, siamo tornati in piazza per la Palestina.
Un corteo vivo, partecipato, pieno di volti e storie. Tra loro, molte compagne e compagni di sempre — persone con cui, fin dai tempi del liceo, ho imparato una lezione che non smette mai di essere attuale: l’indifferenza è il terreno fertile in cui prospera l’ingiustizia.
Ritrovarli ancora una volta accanto alla sofferenza del popolo palestinese è stato un momento di profonda condivisione e di memoria collettiva.
La mobilitazione di Ostia si inserisce in un’onda lunga che in questi giorni ha attraversato Roma e tante altre città italiane. Non è stata una protesta rituale, ma una manifestazione autentica, nata dal basso e animata da migliaia di persone che non accettano che il massacro di innocenti prosegua nel silenzio complice dei governi e sotto il peso di interessi economici che lo alimentano.
Questa partecipazione è insieme rabbia e speranza. È la voce di chi, da terra, si unisce alla forza della Global Sumud Flotilla, che arresti e sequestri illegittimi non riescono a fermare.
È la voce di chi crede nella solidarietà tra i popoli, e che, mentre si moltiplicano analisi e letture delle piazze, mantiene lo sguardo fisso su Gaza, dove ogni giorno continuano a consumarsi atrocità che non possiamo accettare come normalità.
In mezzo a questa marea umana ho sentito, più forte che mai, il legame tra l’impegno politico di oggi e quello che ho vissuto nel 2005, nel campo di lavoro in Palestina durante lo sgombero della Striscia di Gaza.
La preoccupazione per i bambini, gli attivisti, i volontari e le famiglie conosciute allora è ancora viva. Ed è proprio quella memoria che mi ha spinto, senza esitazione, a unirmi alle migliaia di persone che in questi giorni chiedono al governo il cessate il fuoco immediato, la fine dell’assedio e una soluzione di pace definitiva fondata sul riconoscimento di due Stati.
Perché quello che queste mobilitazioni stanno dimostrando è chiaro:
schierarsi contro l’ingiustizia è un dovere collettivo.
E la politica, quella vera, resta l’unico strumento concreto che abbiamo per cambiare davvero le cose.
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