Roma deve essere Smart, ma prima di tutto una città umana
Una politica che non assiste, ma promuove e valorizza.
Ho letto le parole di Monsignor Gianpiero Palmieri, che seguo da sempre con attenzione, su quanto detto all’incontro “Le nuove povertà che cambiano Roma”:
“Lo stato delle cose dopo la pandemia è quello di una crisi sociale ed economica che ha pieghe di drammaticità. 137 sono diventati i presidi alimentari della Caritas, un aumento del 23%.
I nuovi poveri sono italiani, si parla di interi nuclei familiari, spesso donne sole con figli. I primi a cadere sono state le partite Iva e tutti quelli che sopravvivevano grazie a un lavoro precario o in nero, una forma di mantenimento che non dà diritto ad alcuna forma di assistenza da parte dello Stato. Persone che vivevano facendo i salti mortali e che sono caduti letteralmente in povertà perché non hanno più soldi per pagare l’affitto, le bollette e per mangiare.
La politica deve ricominciare a pensare come creare posti di lavoro e non solo a come tamponare la falla. Va bene aiutare chi è in difficoltà, ma se non si tornano a creare i presupposti di una dignità dell’essere umano che deve avere un lavoro del quale campare, la situazione rischia di protrarsi per un tempo indefinito”.
Condivido in particolare l’ultima parte del suo discorso, in cui mi ritrovo totalmente e che penso debba far riflettere in vista delle prossime amministrative: la costruzione di una proposta di governo della città, dove occuparsi prima di tutto delle persone ai margini, che pagano il prezzo della disuguaglianza, perché la Roma in cui voglio vivere deve essere Smart, ma prima di tutto una città umana.
Una politica che non assiste, ma promuove e valorizza.
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